A settembre arriva il masterplan di Renzi che salverà il Sud. Ma che cos’è? E c’è da fidarsi?

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L'editorialista Bruno Gemelli
Il focus del premier Renzi sul Mezzogiorno è sembrato un temporale d’estate. Un diluvio di un paio di ore. Tutto rimandato a settembre quando il Pd presenterà il masterplan per il Sud. Cosa? Definizione di scuola: “Un documento di indirizzo strategico che sviluppa un’ipotesi complessiva sulla programmazione di un territorio, individuando i soggetti interessati, le possibili fonti di finanziamento, gli strumenti e le azioni necessari alla sua attuazione”. Vedremo. Intanto, una delle poche cose messe sul piatto è durata un paio d’ore. L’alta velocità per la Calabria è stata derubricata dal ministro Graziano Delrio a una “dimezzata velocità”. E se fosse vero quest’impegno sarebbe una gran cosa. Lo stesso si potrebbe dire per la banda (ultra) larga per superare il dualismo digitale. Non potendo e non volendo parlare di meridionalismo, essendo a digiuno della materia, Matteo Renzi, si è limitato, ed già tanto, a disegnare la cornice di un tema, il Sud appunto, che è stato cancellato dall’agenda politica italiana negli ultimi vent’anni. Il premier si è tenuto alla larga dai temi più importanti. Almeno per la Calabria. Tipo: come gestire i fondi comunitari.
A entrare in argomento è stato il governatore della Campania Vincenzo De Luca che ha proposto al suo partito l’introduzione di un fondo di dotazione a rotazione per la progettazione dei fondi. Una sorta di supplenza, peraltro già ipotizzata nei giorni scorsi dal governatore calabrese Mario Oliverio, che intervenendo dopo De Luca ed Emiliano ha fatto riferimento alla necessità di pensare a una task force che coordini a palazzo Chigi «la parte dell’ intervento strategico nazionale con gli strumenti operativi delle Regioni per quanto riguarda la utilizzazione delle risorse della Unione Europea, in direzione di un grande progetto di formazione per i giovani e per creare le condizioni di uno sviluppo auto propulsivo».
Insomma, una sorta di muto soccorso, avallato dal responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, che nei giorni scorsi aveva concluso: «Se parliamo di Mezzogiorno non dobbiamo concentrarci solo sulle risorse ma soprattutto sulla nostra capacità di utilizzarle: questo è il vero cambio di governo». Se questo allineamento è o sarà reale non c’è dubbio che dovrà essere gestito da una delega specifica da affidare a persona seria e attrezzata. Anche se il professor Nicola Rossi, già spin doctor di D’Alema, dalle pagine de Il Foglio ha annotato: «… in un’economia e in una società già strutturalmente deboli, quelli che si moltiplicano senza sosta sono soprattutto (o solo) i canali di intermediazione politica e burocratica e con essi il volume di risorse quotidianamente sottratto alle scelte dei singoli e a una allocazione efficiente». Tenendo anche conto dell’osservazione che ha fatto il professor Giuseppe De Rita: «Fino a 15 anni fa ero convinto che il Sud potesse risalire da solo, invece è naufragato nella suddivisione dei fondi europei, nazionali e regionali in centinaia di micro-interventi. A esportare in Vietnam come gli imprenditori veneti non sarà l’aziendina che a Campobasso rifà il manto stradale. Quando si riduce al progettino della ditta locale è la fine. L’abitudine al piccolo uccide l’economia». Alle corte: la transumanza di settembre parlerà di Mezzogiorno. Forse.
Bruno Gemelli

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