Estate/Quando Soverato era il centro del mondo (e il Miramare il centro di Soverato)…

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Foto MiramareL’estate cominciava con la chiusura delle scuole.  Prima, si poteva fare il bagno, ma era considerato trasgressivo. Le giornate improvvisamente cambiavano, si passava dall’emporio di don Saverino Destito per acquistare gli zoccoli e poi tutti al mare. Noi di via Arenile facevamo il bagno alla punta e la spiaggia arrivava all’attuale campo di bocce. Una traversata infernale che non finiva mai. Con ombrellone, sedia e salvagente superavamo la vecchia casamatta militare, il mitico fortino, ormai deposito di attrezzi marinari, una prima ed una seconda duna e poi, finalmente, al mare. Quando uscivi dall’acqua, dimenticatevi il telo personale di oggi, allora ci buttavamo sulla spiaggia coprendoci di sabbia per riscaldarci. E dovevi stare molto attento a come ti muovevi, perché tutto intorno era una Beauty Farm economico-popolare, piena di gente seppellita fino al collo per i bagni di sole. Un cimitero di reumatizzati!

All’una si faceva il percorso inverso, tutti a casa, ma con l’ombrellone aperto. Sulla spiaggia si giocava a cacoccioli, palline nere naturali che si facevano correre con le dita su una pista, intervallata da dossi, tracciata per l’occasione trascinando il sedere più leggero del gruppo. Quando uscivano i quadri all’Istituto, se eri promosso e se avevi trattato prima, era il momento di passare dal negozio di Gianni Catrambone per comprare la desideratissima bicicletta marca Doniselli. La sera ci ritrovavamo tutti sulla piazzetta Gregoraci e mentre le nostre mamme chiacchieravano sedute alle panchine, noi ci scatenavamo in furibonde Ruba Bandiera ed in corteggiamenti così innocenti da non poterli confessare senza perdere la stima dei nostri modernissimi figli. Il centro commerciale di allora era l’Upim di Catanzaro e si andava in macchina con cadenza trimestrale percorrendo le curve di Copanello. Dietro insistenza, ci fermavamo al negozio del Bananaro, esattamente negozio di Generi Coloniali, nel vecchio corso stretto, a comprare banane e datteri sfusi: roba da sballo.

Poi venne di moda di passare le serate al mare, sulla spiaggia, a giocare a “cucuzzaro” ed il punto di ritrovo della nostra compagnia fu per molto tempo la comoda baracca a mare dell’ avv. Cosentino a sinistra del San Domenico. Al lido S. Domenico, che allora aveva delle belle cabine singole con veranda, mastro Ciccio u lastraru dirigeva la situazione con altoparlante e fischietto e, se giocavamo a palla sulla riva, al secondo avvertimento, Totò u mutu ci apriva il pallone in due col coltello, senza tanti complimenti. Le passeggiate sotto il sole si facevano alla Scarpina e andare alla Boa era una impresa eroica. Sul mare avvenivano le sfide tra il fortissimo 50 Mercury dell’Ing. Saracco e il più lento 45 Envirude di Pepè Repice, tutti e due con scafo in legno. Ma Peppinuzzo non era persona abituata a perdere e di notte nella sua baracca vicino al S.Domenico scaricò una grande cassa di legno con dentro una belva feroce. Un 65 cavalli Mercury, sei cilindri, nero come la pece, montato da Cesarino Procopio nell’assoluto segreto e provato di notte a notte davanti al lido.

Che serata vedere sballare quel motore e che spettacolo per noi quella mattina quando appostò Guido Saracco che si accingeva a raggiungere Copanello e lo superò come un siluro lasciando tutti sbalorditi.
Soverato era il centro del mondo. Accanto, Montepaone e Montauro erano una stazione ferroviaria, Satriano e Davoli un cartello all’Ancinale. Tutti dicevano di essere di Soverato. Ma c’era una password, una domanda quiz posta a Milano da Mario Daniele ad una signora che gli chiedeva di trasferire in Calabria il marito detenuto. “Signora dite di essere di Soverato e u canusciti u Biondu?” Chi non conosceva Antonino Lo Manno detto il Biondo per carità non si permettesse di dire di essere di Soverato.  Soverato era il centro del mondo e il Miramare era il centro di Soverato. Tutti i grandi artisti del momento, da Fred Bongusto a Peppino di Capri, a Mike Bongiorno passavano da qui in serate elegantissime, nelle quali Pasqualino Callipari, biancovestito, e Antonino Maida, con le rispettive Signore, volteggiavano, ineguagliabili, tra i riquadri dello Zodiaco.

Qui al suo tavolo riservato, all’angolo interno sotto il pergolato, eri sicuro di incontrare ogni sera il Barone Nicola Martelli con il suo immancabile bicchiere di acqua e limone, mentre ascoltava per la centesima volta Patricia e se qualche sua bella ammiratrice si azzardava a fargli la corte, si disimpegnava cortesemente, non perdendo mai di vista la porta dalla quale poteva entrare a momenti la Enrichetta. Salvo poi alzarsi di scatto, fare un giro su stesso, aggiustarsi il collo della camicia ed esclamare: “Eh catene!!”

Tratto dal libro Come eravamo, di Franco Cervadoro (continua)

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