Il Pd ha proposto una norma “anti-laureati calabresi”. Ribelliamoci!

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Ateneo

Probabilmente perchè ancora non ripresosi dalla pesante sconfitta subita nella provincia di Catanzaro, dove ha disastrosamente perso i due maggiori comuni (Lamezia e Soverato), e dall’imbarazzante situazione di un governo regionale quasi completamente privo di assessori in carica, dapprima per difficoltà in sede di formazione della giunta e oggi per le dimissioni seguite allo scandalo “rimborsopoli”, il Pd calabrese, nelle sue diverse articolazioni (segretarie regionali, provinciali, comunali) e con i suoi rappresentanti istituzionali si è distinto per l’assoluto silenzio serbato sull’ennesimo schiaffo che a livello nazionale, e proprio per l’iniziativa di un deputato Pd, è stato sonoramente assestato alla Calabria ed al Sud con l’approvazione di un emendamento, presentato da Marco Meloni. Una modifica alla delega sulla pubblica amministrazione, al voto in commissione affari costituzionali della Camera, che parla di «superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso» e «possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato».

Se questa singolare norma dovesse essere approvata anche dal Senato ed entrare in vigore, nei concorsi pubblici a fare la differenza non sarà più solo il voto di laurea ma anche dove ha sede l’università che ha rilasciato il titolo.Consegue che, per accedere alla selezione pubblica, occorrerà non solo ottenere un buon voto finale, ma ottenerlo in un’università ben valutata (da chi e come, non si sa). Se si dovesse fare riferimento alle quotazioni (recentemente, peraltro, contestate e oggetto di critiche pesanti) dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), la cui ultima classifica, pubblicata nel 2013, vede ai primi posti solo università del nord e centro Italia (Padova, Milano Bicocca e Verona, Verona, Bologna, Pavia, Torino, Modena e Reggio Emilia, Parma, Roma Tor Vergata e Milano) con assoluta esclusione delle università del Sud, è evidente che i giovani laureati calabresi partirebbero decisamente, irrimediabilmente svantaggiati.
A parte che la stravagante norma verrebbe ad abolire, surrettiziamente, il valore legale del titolo di studio, si deve amaramente costatare che il Sud in generale e la Calabria in particolare non godono di nessuna stima a livello nazionale (aggiuntivo elemento è la pesante e ancora irrisolta condizione stradale). E la conclusione è ancor più amara ove si consideri l’apporto che questo governo ha avuto dall’elettorato calabrese, e che nemmeno ai tempi di governi con presenza di ministri leghisti la nostra regione ha subito simili affronti.Ci auguriamo che in tempi brevi si levi, unanime e possente, la voce di profondo dissenso e riprovazione per un provvedimento che, nel momento in cui obiettivamente danneggia i laureati calabresi, che sovente, pur aspirando a compiere gli studi universitari fuori regione, sono stati costretti a rinunciarvi per insuperabili difficoltà economiche. presenta inquietanti aspetti di razzismo.
Giuseppe Costarella

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