Utero in affitto, Antonio Gramsci l’aveva “bocciato” un secolo fa.

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Nel dibattito sull’utero in affitto talvolta surreale, talvolta incongruo, raramente maturo ed equilibrato, sul confine tra i diritti delle coppie gay e delle famiglie arcobaleno e la tutela della vita umana rispetto all’ultimo assalto del mercato capitalistico, per il quale tutto ha un prezzo, spunta ora un “parere” dei più autorevoli e inaspettati. Niente poco di meno che quello di Antonio Gramsci, che sull’Avanti del 6 giugno 1918 scriveva un articolo proprio sulle possibili derive della genetica. Il pezzo di Gramsci è stato riportato stamattina da vari blog e media di attualità. Tra i quali l’antidiplomatico che affida a Giorgio Cremaschi la premessa alla pubblicazione dell’articolo.

“I figli devono essere sempre accolti con amore, ne hanno il diritto comunque vengano alla luce. Per questo si è sempre in difficoltà quando si accoglie con gioia e auguri una nuova vita e nello stesso tempo non si può ignorare il sistema di potere che ha organizzato la sua nascita. Questa contraddizione mi fa ancora più odiare il capitalismo che tutto riduce a merce, ricoprendo e guastando con i rapporti di mercato anche i sentimenti e i rapporti più profondi e sacri”, scrive Cremaschi. “Antonio Gramsci un secolo fa vedeva lontano e giusto, chiarendo che da temere non fosse lo sviluppo scientifico, ma il crescente dominio del profitto capitalista su di esso. Il quattrino sporca ogni cosa e questa è la ragione per cui io credo che nel cuore profondo del sentire socialista, comunista, egualitario – conclude – stia il rifiuto della pratica e della legalizzazione dell’utero in affitto”.

Ed ecco di seguito l’articolo di Antonio Gramsci.

OVAIE (o utero “in affitto”) NUOVA DOTE DELLE POVERELLE. Il dottor Voronof ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società.

FECONDITA’ ALLE “VECCHIE SIGNORE” (con l’utero “in affitto”). Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch’essi, prodotto genuino dell’azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti. La vecchia nobiltà aveva indubbiamente maggior buon gusto della classe dirigente che le è successa al potere. Il quattrino deturpa, abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce.

TUTTO E’ MERCE. La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno”. (Antonio Gramsci, 1918),

 

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