Calabria, arrestati i presunti killer di Cocò. Il bimbo usato come “scudo protettivo” dal nonno secondo inquirenti

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L'auto bruciata ritrovata dai carabinieri
Nicola Campolongo, detto Cocò, tre anni al momento della strage
Nicola Campolongo(Cocò), 3 anni al momento della strage

Arrestati questa mattina i due presunti killer del triplice omicidio nel quale è morto Cocò, il bimbo di tre anni ucciso e bruciato insieme al nonno a Cassano jonio quasi due anni fa. L’operazione condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, su ordine della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, ha portato agli arresti del trentottenne Cosimo Donato e del trentanovenne Faustino Campilongo, già detenuti per altri reati nel carcere di Castrovillari. Il piccolo Nicola Campolongo, chiamato da tutti Cocò, era stato trucidato con diversi colpi di arma da fuoco mentre era sui sedili posteriori dell’auto insieme al nonno, Antonio Iannicelli e alla compagna ventisettenne Touss Ibtissam, il 16 gennaio 2014 a Cassano allo Ionio. “Le indagini dei carabinieri hanno consentito di individuare il movente, documentare la sua connotazione tipicamente mafiosa ed evidenziare le dinamiche criminali nel territorio della sibaritide”, hanno spiegato gli inquirenti. Le indagini sono state coordinate dal pool della Dda catanzarese composto dai procuratori aggiunti Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri insieme al sostituto Pierpaolo Bruni.

Secondo gli investigatori il piccolo Cocò sarebbe stato usato dal nonno, al quale era stato affidato dopo l’arresto dei genitori per reati di droga, come scudo protettivo per dissuadere eventuali “nemici” dal compiere attentati nei suoi confronti. Dal quadro emerso dalle indagini, infatti, Iannicelli sarebbe entrato nel mirino della “cosca degli Zingari”, gruppo criminale al quale era legato, dopo aver tentato di assumere un ruolo autonomo e dopo che che negli ambienti criminali si era sparsa la voce che potesse collaborare con la giustizia. La lotta per la spartizione del traffico di stupefacenti nella sibaritide sarebbe quindi il motivo per il quale Iannicelli è stato ucciso, senza risparmiare il nipotino, che secondo gli inquirenti forse conosceva i suoi assassini, dal momento che frequentava l’ambiente del nonno, che nei suoi spostamenti lo portava sempre con sé. L’atroce morte di Cocò aveva commosso e indignato anche Papa Francesco che il 26 gennaio 2014, a dieci giorni dall’omicidio, gli aveva dedicato un accorato pensiero durante l’Angelus, ammonendo al pentimento e alla conversione gli autori di un gesto così ignobile.

Ernesto Magorno, componente della Commissione parlamentare antimafia e segretario regionale del Pd si congratula con il pm Vincenzo Luberto, con la Dda di Catanzaro e i carabinieri del Ros per l’arresto degli assassini del piccolo Cocò. “La comunità di Cassano e l’intera regione hanno atteso con trepidazione la notizia dell’arresto degli autori dell’efferato triplice delitto che ha distrutto l’infanzia di un bambino innocente – afferma Magorno -. Oggi grazie alle capacità, all’impegno e alla determinazione delle forze dell’ordine e della magistratura gli assassini di Cocò sono stati assicurati alla giustizia. Si tratta di un fatto importante per consolidare la fiducia nelle istituzioni e soprattutto per rafforzare il percorso che porta alla supremazia della cultura della legalità e della trasparenza”.

(r.e.)

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