Isca (Cz): smontata l’indagine “Metropolis” sui villaggi turistici. Assolti Muccari e Raimondo.

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Foto www.iha.sg

Con ben 22 assoluzioni il Tribunale di Locri (Rc), con sentenza emessa venerdì scorso, 29 gennaio, ha ribaltato completamente l’impianto accusatorio dell’indagine Metropolis sulle presunte infiltrazioni tra le consorterie mafiose del reggino e il turismo sulla costa jonica calabrese. Solo tre le condanne, a Rocco Morabito (sette anni e 6 mesi per intestazione fittizia di beni), Antonio Cuppari (dieci anni per partecipazione ad associazione mafiosa, ma assolto per gli altri capi di imputazione) e Sebastiano Vottari (tre anni per intestazione fittizia di beni). Per il resto una valanga di assoluzioni a dimostrare il mancato riscontro e accoglimento, presso il collegio penale composto dai magistrati Fulvio Accurso, Domenico Di Croce e Mario La Rosa, delle richieste dell’accusa, che aveva puntato su condanne per 23 persone a circa 140 anni di carcere.

L’indagine era stata coordinata dalla dda di Reggio Calabria, che a marzo 2013 aveva tratto in arresto 20 persone ritenute legate o in affari con le cosche Aquino e Morabito. Cosche che secondo l’accusa, attraverso una complessa rete di società italiane ed estere, erano riuscite a garantirsi, con la forza dell’intimidazione mafiosa, la gestione, il controllo e la realizzazione di decine di importanti e noti complessi immobiliari turistico-residenziali, situati nelle più belle zone balneari della Calabria. Tra questi, anche i complessi “Isca Dream” e S. Rocco, rispettivamente circa 200 e 40 villette e miniappartamenti in una zona di grande fascino turistico vicino al mare, a Isca Marina (Cz), sulla costa jonica soveratese.

I titolari dei due complessi, Antonio Muccari e Antonio Raimondo, sono stati assolti con formula piena. Il primo è stato difeso dai legali Natale Ferraiuolo e Salvuccio Staiano, mentre Antonio Raimondo è stato difeso dall’avvocato Fabrizio Costarella (difensore nel processo anche di Cuppari, assolto per tredici capi su quattordici d’imputazione). “I nostri legali hanno presentato una documentazione inoppugnabile sulla regolarità della nostra attività commerciale, con atti notarili e copie dei bonifici che i clienti inglesi avevano inviato a titolo di caparra per l’acquisto delle villette”, spiega Muccari. “Oggi siamo stati assolti e la Corte ha stabilito il dissequestro e la restituzione dei nostri beni, ma chi ci ricompenserà per il danno di immagine, la lesione alla nostra reputazione, le indicibili sofferenze delle nostre famiglie, i mesi di carcere – chiede ancora Muccari – e l’immenso danno a un’attività produttiva e al turismo di un intero territorio?”.

Oltre allo stop all’attività lavorativa per tre anni, il depauperamento del valore degli immobili, la difficile “ripresa” dopo il fango mediatico a livello nazionale e internazionale, Muccari si sofferma anche sul calvario toccato a lui e alla sua famiglia fin da quel 5 marzo 2013, quando alle prime luci del mattino è stato portato via da casa e dai suoi due bambini ancora piccoli, per affrontare alcuni mesi di carcere e oltre un anno ai domiciliari. “Allora ero nel pieno dell’attività, con le agenzie inglesi che avevano puntato molto su Isca per le proposte turistiche ai propri clienti, mentre adesso devo ripartire da zero, anzi da meno di zero”, conclude Muccari, facendo cenno anche alla difficoltà di ottenere il diritto all’oblio del suo nome, onnipresente su Internet e sui giornali con tanto di foto. Dello stesso parere l’avvocato Costarella. “Occorre riflettere sui danni che questo processo ha recato all’economia turistica calabrese – osserva il legale – e chiedersi quanto spenderà lo stato per risarcire chi è stato ingiustamente sottoposto a detenzione”.

Teresa Pittelli

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