Soveratese, faida dei boschi: arrestato presunto assassino di Giuseppe Todaro.

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Todaro
Conferenza stampa luglio 2015 arresti per omicidio Rombolà. Dsin. Alceo Greco, Vincenzo Luberto, Giovanni Bombardieri e Ugo Cantoni

Chi ha sequestrato e ammazzato tra il 21 e 22 dicembre 2009 il giovane Giuseppe Todaro secondo gli inquirenti catanzaresi ha un nome. Questa mattina i carabinieri del nucleo investigativo di Catanzaro hanno infatti notificato a Davide Sestito, già detenuto nella casa circondariale di Siano, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di sequestro di persona e omicidio in concorso con altri soggetti per i quali si è proceduto separatamente. Sestito è accusato di aver prelevato dalla propria abitazione il ventinovenne, che in quei giorni di vigilia di Natale di sette anni fa sparì da Soverato superiore, vittima di lupara bianca; il suo corpo fu in seguito ritrovato grazie alla collaborazione del pentito Bruno Procopio che confessò agli inquirenti che il corpo di Todaro fu dapprima seppellito nei pressi del parco eolico di S. Sostene (Cz) e poi riesumato e portato in un altro sito.

Davide Sestito è gravemente indiziato di aver sequestrato e poi ucciso il cognato Giuseppe Todaro, in concorso con il cinquantasettenne Maurizio Tripodi, condannato in appello a venti anni di reclusione, con Michele Lentini, quarantacinquenne attualmente a giudizio davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro per il quale il pm ha di recente chiesto l’ergastolo con isolamento diurno per un anno, e con i defunti Vittorio Sia e Agostino Procopio. L’omicidio Todaro si inquadra nei cruenti omicidi di ‘ndrangheta della cosiddetta “faida dei boschi”, nella quale si sono contrapposti il sodalizio formatosi nella zona di Soverato, facente capo al gruppo Sia-Tripodi-Procopio, e quello storicamente operativo nel territorio di Guardavalle ma con influenza anche sul territorio soveratese, diretto e guidato da Vincenzo Gallace al quale anche la vittima, con al padre Domenico Todaro, facevano riferimento.

Le indagini scattate immediatamente appuravano che il movente della scomparsa di Todaro fosse da ricondurre al tentato omicidio di Vittorio Sia avvenuto nella serata del 21 dicembre 2009. Secondo la ricostruzione degli inquirenti “Sia ordiva l’immediata reazione contro Todaro, ritenuto con Pietro Chiefari (che verrà assassinato il 16 gennaio seguente), l’autore dell’agguato. Sia si avvaleva della collaborazione di Michele Lentini, Maurizio Tripodi, del defunto Agostino Procopio e di Davide Sestito, cognato di Giuseppe Todaro”. L’attività investigativa, inoltre, veniva corroborata dalla collaborazione di Domenico e Vincenzo Todaro, dal 10 marzo 2010, quindi da quella di Antonino Belnome e a partire dal dicembre 2011 da Bruno Procopio (figlio del presunto capo cosca Fiorito) e Gianni Cratarola.

Le articolate indagini svolte dalla polizia giudiziaria, improntate tra l’altro a verificare i riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno consentito l’acquisizione degli elementi probatori circa il coinvolgimento di Davide Sestito nel sequestro di persona e nell’omicidio del cognato, che Sestito avrebbe attirato la sera del 21 dicembre 2009 in una trappola mortale, invitandolo a salire a bordo del furgone Fiat Doblò bianco di Agostino Procopio,  mentre stava rincasando con la compagna. Da quel momento si persero definitivamente le sue tracce.

Il 2 maggio 2012, a carico di diversi soggetti ritenuti esponenti della presunta cosca capeggiata da Fiorito Procopio, il gip del Tribunale di Catanzaro emetteva ulteriore ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto di associazione mafiosa (art. 416 bis del codice penale). Tra i destinatari del provvedimento c’era anche Davide Sestito, ritenuto sodale e organico alla compagine mafiosa che, tuttavia riusciva a rendersi irreperibile tanto da essere dichiarato latitante. Nella serata del 15 febbraio 2013, dopo un’articolata attività investigativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro, veniva quindi trovato in Germania e arrestato a Saarbrücken, mentre tentava di ricongiungersi a moglie e figlia che lo avevano raggiunto.

“Le dinamiche delinquenziali nella zona corrispondente alla fascia ionica della provincia di Catanzaro e al suo entroterra negli anni compresi tra il 2002 e l’attualità sono state influenzate – come ricostruisce l’ordinanza del gip Antonio Battaglia  – dallo sviluppo turistico e commerciale nonché da opere pubbliche che hanno contribuito a scatenare il desiderio di dominio e profitto della malavita organizzata locale. E’ in tale contesto che si scatenava una guerra tra opposte consorterie di ‘ndrangheta. Solo nell’area del soveratese, in un breve arco temporale, venivano uccisi Vittorio Sia, Agostino Procopio, si tentava di uccidere Fiorito Procopio, quindi il tentato omicidio di Antonio Gullà, il sequestro di persona e l’omicidio di Giuseppe Todaro, seguito da quelli di Pietro Chiefari, dei fratelli Vito e Nicola Grattà e di Ferdinando Rombolà, rimasto nella memoria collettiva per essere avvenuto in spiaggia davanti al figlioletto di un anno.

Le indagini scattate immediatamente da parte dei carabinieri coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro hanno portato all’individuazione – tra gli altri – dei soggetti sopra menzionati, scaturendo poi nelle operazioni e nei successivi processi Showdown e Showdown 2 che hanno inferto un grosso colpo alle cosche in questione, con una serie di condanne inflitte negli ultimi anni alla maggior parte dei presunti boss e affiliati al locale di ‘ndrangheta del soveratese.

 

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